IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1163/96
 proposto  dall'Ordine  provinciale  dei  medici  chirurghi  e   degli
 odontoiatri  di  Milano,  in persona del suo presidente, dott. Enrico
 Bergonzini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Pennasilico  e
 Sergio Smedile
  ed    elettivamente  domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in
 Roma, viale Angelico n. 39; contro il Ministero del  lavoro  e  della
 previdenza    sociale,   in   persona   del   Ministro   pro-tempore,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato;  l'ENPAM
 -  Ente  nazionale di previdenza ed assistenza medici, in persona del
 presidente  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Walter
 Prosperetti  ed  elettivamente  domiciliato in Roma, via Pierluigi da
 Palestrina n. 19; per l'annullamento in   parte  qua  del  decreto  1
 dicembre  1995 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di
 concerto con il Ministero del tesoro  che  ha  approvato  lo  statuto
 dell'Ente nazionale previdenza ed assistenza medici nel testo annesso
 al  decreto,  nonche'  dello  statuto  stesso  e  di  tutti  gli atti
 presupposti,  connessi  e  conseguenti,  compresa  la   delibera   di
 approvazione adottata dal Consiglio nazionale dell'ENPAM nella seduta
 del 28 ottobre 1995;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'aniministrazioni
 intimate;
   Viste le memorie prodotte a sostegno delle rispettive difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Nominato relatore per la pubblica udienza del 9  dicembre  1996  il
 consigliere  Caro  Lucrezio  Monticelli, e uditi l'avv. Pennasilico e
 l'avv. Prosperetti;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,  di
 concerto  con il Ministro del tesoro, del  24 novembre 1995, ai sensi
 e per gli effetti dell'art. 1, comma 4, e dell'art. 3, comma  2,  del
 d.-l. 30 giugno 1994, n. 509 e' stato approvato lo statuto dell'ENPAM
 nel  testo annesso al decreto e approvato dal Consiglio nazionale del
 28 ottobre 1995.
   Avverso tale decreto e  tutti  gli  atti  presupposti,  connessi  e
 conseguenti,  con  specifico riferimento allo statuto e alla delibera
 del  Consiglio  nazionale  ENPAM,  l'Ordine  provinciale  dei  medici
 chirurghi e degli odontoiatri di Milano (che gia' aveva espresso voto
 contrario  all'approvazione  dello  Statuto)  ha  proposto ricorso in
 questa sede, deducendo il seguente motivo: illegittimita' per diretto
 contrasto con il quarto comma dell'art. 1 del d.-l. 30  giugno  1994,
 n.  509  del  decreto  ministeriale  che ha approvato lo statuto, con
 particolare riferimento all'art.   10, lettere a)  e  b),  per  avere
 creato  un  organo collegiale nuovo, siccome inesistente nell'attuale
 ordinamento statuario - il consiglio nazionale dei  presidenti  degli
 Ordini  -  e  per  avere  stravolto  i  criteri  di  composizione del
 Consiglio generale, prima Consiglio nazionale, immaginandolo composto
 non piu' dai presidenti degli ordini provinciali,  ma  da  membri  in
 parte nominati e in parte eletti.
   Si  e' costituito in giudizio per resistere il Ministero del lavoro
 e della previdenza sociale.
   Si e' altresi costituito in giudizio l'ENPAM, il quale  ha  chiesto
 la reiezione del ricorso per infondatezza.
                             D i r i t t o
   Oggetto  dell'impugnativa  e'  il decreto del Ministro del lavoro e
 della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro,  in
 data  24  novembre  1995,  con il quale e' stato approvato lo statuto
 dell'ENPAM nel testo annesso al decreto  e  approvato  dal  Consiglio
 nazionale dell'ENPAM il 28 ottobre 1995.
   In   particolare   il  ricorrente  Ordine  provinciale  dei  medici
 chirurghi e degli  odontoiatri  di  Milano  lamenta  che  lo  statuto
 dell'ENPAM  abbia  previsto un nuovo organo collegiale consultivo: il
 Consiglio  nazionale   dei   presidenti   degli   ordini   ed   abbia
 profondamente modificato la composizione dell'organo deliberativo: il
 Consiglio  generale  (gia'  Consiglio  nazionale),  che,  mentre  nel
 precedente  ordinamento  era  formato  dai  presidenti  degli  ordini
 provinciali, ora risulta composta da:
     a)   ventuno   consiglieri,   scelti  tra  iscritti  agli  ordini
 provinciali  dei  medici  chirurghi  e  degli  odontoiatri,  di   cui
 diciannove  nominati  uno  per  ciascuna  regione, con esclusione del
 Trentino-Alto Adige, dai  presidente  degli  ordini  provinciali  dei
 medici  chirurghi  e  degli  odontoiatri di ogni regione e due per le
 province  di  Trento  e  Bolzano,  uno  per  ciascuna,  nominati  dal
 presidente del rispettivo ordine;
     b)  quattordici  consiglieri  eletti  dal Consiglio nazionale dei
 presidenti degli ordini  tra  gli  iscritti  al  fondo  generale  che
 contribuiscono al fondo stesso nella misura minima;
     c)   sessantanove   consiglieri   eletti  tra  gli  iscritti  che
 contribuiscono al fondo generale in misura proporzionale  al  reddito
 eccedente  il minimo e tra gli iscritti che contribuiscono a ciascuno
 dei tre fondi speciali per i medici  convenzionati  con  il  Servizio
 sanitario  nazionale,  nel numero determinato per ogni fondo ai sensi
 dell'art. 13 e con le modalita' di cui all'art. 14 dello statuto.
   Tale nuova organizzazione si porrebbe in contrasto  con  l'art.  1,
 comma  4,  del  d.lgs.  30  giugno  1994,  n.  509 avente ad oggetto:
 "Attuazione della delega conferita   dall'art.  1,  comma  32,  della
 legge  24  dicembre  1993,  n.  537,  in materia di trasformazione di
 persone giuridiche private di enti gestori le forme  obbligatorie  di
 previdenza  ed  assistenza",  nella  parte  in cui si dispone che gli
 statuti degli enti  privatizzati  avrebbero  dovuto,  tra    l'altro,
 ispirarsi al criterio della trasparenza nei rapporti con gli iscritti
 e   nella   composizione  degli  organi  collegiali,  fermi  restando
 comunque: "i vigenti criteri di  composizione  degli  organi  stessi,
 cosi' come previsti dagli attuali ordinamenti".
   Il  resistente ENPAM ha asserito che la contestata previsione dello
 statuto sarebbe in linea con il citato  decreto  legislativo,  se  lo
 stesso  viene  interpretato  alla  luce  del criterio contenuto nella
 legge 24 dicembre 1933, n. 537, secondo cui la privatizzazione  degli
 enti  previdenziali  avrebbe  dovuto in ogni caso garantire agli enti
 stessi  "autonomia  gestionale,   organizzativa,   amministrativa   e
 contabile".
   L'assunto dell'ENPAM non puo' essere condiviso, giacche' l'art.  1,
 comma 4 del decreto legislativo  n. 509/1994 e' chiaro ed univoco nel
 disporre  la  salvezza  dei  criteri  di  composizione  degli  organi
 collegiali previsti nei precedenti ordinamenti e non puo' negarsi che
 ci sia un sostanziale  mutamento  di  criterio  di  composizione  nel
 possesso  da  un  organo  deliberante costituito dai presidenti degli
 organi provinciali ad un organo  deliberante  costituito  in  massima
 parte  da  membri  eletti  direttamente  dagli  iscritti  ed in cui i
 presidenti degli organi provinciali non sono presenti,  potendo  solo
 designare una minoranza dei componenti.
   Cio'  posto,  diviene  rilevante  la questione di costituzionalita'
 (sollevata anche dall'ENPAM) dalla  menzionata  disposizione  di  cui
 all'art.  1,  comma  4, decreto legislativo n. 509/1994 per contrasto
 con gli artt. 76 e 77 della Costituzione in quanto eccedente i limiti
 posti dalla legge delega.
   Ed   invero,   un'eventuale   dichiarazione    di    illegittimita'
 costituzionale  della  predetta  disposizione  farebbe venire meno il
 fondamento stesso del ricorso, tutto incentrato sul contrasto tra  la
 disposizione in questione e lo statuto dell'ENPAM.
   Per quel che riguarda la non manifesta infondatezza della questione
 e'  sufficiente  rilevare  che la legge  di delega non prevede alcuna
 limitazione  per  quanto  concerne  la  composizione   degli   organi
 collegiali,  ma  al    contrario garantisce espressamente l'autonomia
 gestionale, organizzativa,  amministrativa  e  contabile  degli  enti
 privatizzati.
   La  legge  delegata,  nell'imporre  invece  il  mantenimento  della
 vecchia situazione organizzativa, si pone dunque in contrasto con gli
 artt.  76 e 77 della Costituzione che  prescrivono  il  rispetto  dei
 criteri fissati dalla legge di delega.
   Il  giudizio  deve,  pertanto,  essere  sospeso  in  attesa  di una
 pronuncia della Corte costituzionale.